In queste settimane ho ricevuto diversi messaggi da parte di genitori in difficoltà nel decidere se parlare della guerra ai bambini, se far vedere loro i telegiornali, se coinvolgere gli adolescenti apparentemente poco interessati.
Utilizzo questo spazio per fare un po’ di ordine, per cercare di rispondere alle domande ricevute e offrire alcune indicazioni utili.
Per prima cosa è impossibile rispondere alla domanda “Cosa devo dire a mio figlio?” in quanto il manuale del genitore perfetto non esiste e nessuno può scriverlo.
Questo perché ogni genitore ha la sua storia personale e ogni figlio è unico. Anche quando in famiglia ci sono più bambini ognuno ha delle caratteristiche che lo differenziano dall’altro. Pertanto impostare un discorso ad hoc scritto da un professionista, è una strategia inadeguata e poco funzionale al benessere del bambino e dei suoi genitori.
Sicuramente è difficile affrontare alcune tematiche con i propri figli perché li si vorrebbe proteggere dalla sofferenza, dalla cattiveria e da tanta violenza, ma nascondere la realtà è controproducente in quanto c’è il rischio che il bambino apprenda da altre fonti cosa sta succedendo e perda la fiducia nei confronti delle sue figure di riferimento.
Viviamo in una società mediatica, ci sono immagini di guerra ovunque e anche passeggiando per strada il bambino può ascoltare persone parlare di qualcosa che lui non conosce. C’è il rischio che finisca per sapere tutto indirettamente e che eviti di parlarne a casa perché percepisce la pericolosità dell’argomento. Questo vale per la guerra, ma anche per altre tematiche dolorose come ad esempio la malattia di una persona cara, la diagnosi di disabilità di un fratello, la separazione dei genitori.
Pertanto è importante dialogare con i propri figli adeguando le parole all’età, alla personalità e alle capacità cognitive dello specifico bambino.
5 passi per parlare della guerra o di argomenti dolorosi con i tuoi figli:
Vediamo insieme nel dettaglio questi 5 passi che sono molto importanti da seguire per affrontare argomenti dolorosi come per esempio la guerra.
1) Offri al bambino uno spazio di ascolto e di dialogo e rispondi alle sue domande.
Spesso i genitori sono preoccupati dal voler dare risposte esatte per non perdere di credibilità e autorevolezza. In realtà ciò che effettivamente conta non è il contenuto delle risposte, ma è il clima emotivo e l’autenticità con cui ci relazioniamo al bambino. Se sei in difficoltà, puoi utilizzare storie, favole, disegni. Ci sono diversi strumenti che puoi utilizzare per iniziare una conversazione con tuo figlio.
È importante sollecitare le domande del bambino e se lui fa fatica a parlare puoi avvalerti dell’aiuto della scuola e partire da lì chiedendo: “Le maestre hanno parlato della guerra?” oppure “Hai visto delle immagini della guerra?” “Vuoi parlarne con me?”
Il punto centrale è mostrarsi disponibili all’ascolto e al dialogo quando e se vorrà il bambino. È bene evitare di forzare l’argomento o di impostare una lezione teorica sulla guerra. Il bambino deve sapere che l’adulto è lì pronto ad accogliere le sue domande e le sue emozioni.
2) Stai sulle emozioni spiacevoli e accogli le preoccupazioni del bambino.
È importante che il bambino possa esprimere tutte le sue emozioni comprese quelle spiacevoli ovvero tristezza, paura, rabbia e che ci sia un adulto pronto ad accoglierle e a modularle. L’adulto ha un compito importante ovvero aiutare il figlio a comprendere e gestire il mondo emotivo e può farlo attraverso la relazione.
Anche i genitori hanno il loro mondo emotivo, ma è importante che riescano a gestirlo. Va bene essere spaventati e preoccupati, o in ansia per ciò che sta succedendo: puoi comunicarlo a tuo figlio, ma è bene evitare di sovraccaricarlo delle tue emozioni.
I bambini, anche se piccoli, percepiscono quando la loro mamma o il loro papà è in difficoltà a tollerare le emozioni spiacevoli e in alcuni casi mettono in atto dei tentativi di protezione nei confronti dei genitori.
3) Evita di ridicolizzare o minimizzare le preoccupazioni del bambino.
Se il bambino mostra preoccupazione, paura, agitazione, ha bisogno di sentirsi accolto e contenuto. Affermazioni del tipo “Non c’è motivo di aver paura o di preoccuparti” possono far sentire il bambino sbagliato e inadeguato. Queste affermazioni aiutano l’adulto ad allontanare la possibilità di un pericolo e ad interrompere una conversazione difficile da gestire. Non è ciò di cui ha bisogno tuo figlio!
4) Evita di esporre il bambino a contenuti non adatti alla sua età. Questo non vuol dire bandire il televisore o censurare tutte le immagini, ma evitare di lasciare il bambino da solo. I bambini della prima infanzia vanno tutelati da contenuti cruenti: non ha senso sottoporli a tale visione con il rischio di un trauma, il compito è proteggerli.
Per i bambini di scuola primaria, se il telegiornale fa parte della quotidianità, è possibile mantenere la routine. Va bene dunque continuare a guardare il tg insieme, ma poi dedica del tempo per rispondere alle sue domande. Se c’è poco tempo, forse è il caso di spegnere la tv o di guardare altro.
È importante evitare di dare per scontato che il bambino abbia compreso quanto ascoltato o visto. Ciò che appare chiaro ad un adulto, può apparire confuso ad un bambino.
5) Rispondi a tutte le domande che pone il bambino, ma evita di introdurre argomenti di tua iniziativa.
Questo vuol dire che se un bambino chiede cosa sono le bombe, cosa sono i bunker si aspetta una risposta e il genitore è la persona adatta per fornirla. Al tempo stesso è importante evitare di introdurre argomenti non espressi dal bambino come ad esempio il tema della morte. Aspetta che sia tuo figlio a chiederlo e a quel punto rispondi sinceramente.
Queste indicazioni sono adatte per dialogare con i bambini, ma man mano che l’età avanza ci sono altri fattori da considerare, in particolare con i figli adolescenti.
Tra i messaggi che ho ricevuto, riporto il seguente: “Mia figlia è interessata solo a guardare Amici in tv. La guerra sembra non esistere per lei.”
Partiamo dal presupposto che sia possibile che i ragazzi adolescenti non abbiano il desiderio di affrontare tematiche dolorose. È importante considerare il momento storico vissuto: una guerra che segue una pandemia che ancora non è terminata.
Dopo due anni di rinunce, isolamento e perdita della leggerezza, i ragazzi hanno iniziato ad assaporare attimi di normalità seppur con le dovute precauzioni. E nel mondo scoppia una guerra.
Forzare i ragazzi ad affrontare discorsi controvoglia, è poco produttivo. Affermazioni del tipo “Scoppia una guerra e tu te ne freghi!” incrementano il clima di conflittualità e di tensione all’interno delle mura domestiche. Difficilmente il ragazzo avrà poi voglia di parlare con il genitore.
Diverso è dire: “Mi piacerebbe parlare con te di ciò che sta accadendo nel mondo perché sono interessato alla tua opinione e alle tue idee”.
Il modo in cui comunichiamo le nostre emozioni, i nostri pensieri, le nostre osservazioni è molto importante. La maggior parte dei litigi nasce proprio da una comunicazione aggressiva e accusatoria, questo vale anche tra genitori e figli.
Un buon rapporto genitore-figlio è fondato sul dialogo e sul rispetto delle opinioni altrui anche quando sono diverse dalle proprie. Questo vale sia per la tematica guerra, sia per tutti gli aspetti della vita quotidiana.
3 passi importanti per parlare con tuo figlio adolescente:
1) Mantieni un dialogo aperto facendo attenzione anche alla tua comunicazione non verbale.
Monitor il tuo corpo, il tuo sguardo, i tuoi gesti, la tua postura: a volte assumiamo un atteggiamento di chiusura che può inibire l’apertura di un dialogo costruttivo.
2) Ascolta le opinioni di tuo figlio anche quando sono diverse dalle tue. È importante dare spazio al pensiero di tuo figlio anche quando è differente dal tuo. Dire a tuo figlio “ma cosa stai dicendo?”, “Sei fuori di testa”, “ è assurdo quello che dici” non fa bene né a te, né a lui. Alza il muro all’interno della comunicazione e tuo figlio eviterà in futuro di affrontare con te altri argomenti. Questo non vuol dire dare ragione a tuo figlio o condividere la sua opinione, vuol dire offrire la possibilità di esprimere il suo punto di vista, i suoi ideali, i suoi valori. È dal confronto con le opinioni dell’altro che si ha la possibilità di crescita e tale confronto è bene che sia presente anche in famiglia.
3) Rispetta la decisione di tuo figlio di evitare di parlare di un argomento che al momento non sembra interessargli. È possibile che lui non riesca a parlarne con te perché fatica ad accedere a contenuti tristi e dolorosi. Forse preferisce altre forme di espressione tipo la musica, i fumetti, le serie tv. Questo dipende dalle caratteristiche di tuo figlio, dal clima emotivo e affettivo presente in casa fino ad oggi. La guerra è un argomento importante, ma se non hai un rapporto di dialogo con tuo figlio, non puoi pretendere che il dialogo inizi oggi su un argomento così delicato.
Cari genitori, se siete in difficoltà nel comunicare con vostro figlio o se siete preoccupati di un suo possibile malessere emotivo, una consulenza psicologia genitoriale può aiutavi nel comprendere se avete bisogno di un percorso di sostegno alla genitorialità o se vostro figlio ha bisogno di un supporto psicologico.
La consulenza psicologica genitoriale può essere svolta sia in presenza in studio sia in modalità telematica.
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