La nascita di un bambino, nonostante si tratti di un evento spesso atteso e sperato, altera la struttura della coppia genitoriale e diventa necessario creare un nuovo equilibrio. I neo-genitori vivono un periodo iniziale di stress e confusione in quanto devono affrontare il carico di una nuova responsabilità. Il cambiamento della loro vita e i sacrifici sono ripagati dalle gioie e dalle soddisfazioni legate alla crescita del bambino.

Nel nucleo familiare, nel momento in cui sono presenti altri figli, raggiungere un nuovo equilibrio può essere più difficoltoso. La nascita di un fratello può infatti rappresentare un’intrusione: sul “palcoscenico” non è più presente un unico protagonista e la scena dovrà essere condivisa con qualcun altro.

Il quadro aumenta di complessità nel momento in cui dopo alcuni anni dall’arrivo del bambino subentra un’atipia nello sviluppo. I genitori vivono una situazione altamente drammatica che assume il carattere di un trauma: i sogni e le aspettative si scontrano con una realtà infausta in quanto il bambino è “diverso” da quello atteso. Le reazioni dei genitori seguono un processo che attraversa diversi passaggi: l’iniziale fase di shock e negazione lascia il posto a una lotta contro la diagnosi e dopo un lungo periodo, si arriva a un’accettazione. Solo in ultimo la famiglia approda alla fase di riorganizzazione delle dinamiche, dei ruoli e degli stati emotivi (Zanobini, 2011).

L’attenzione dei ricercatori, dei servizi di assistenza e della rete sociale che ruota attorno alla famiglia tende a focalizzare l’attenzione sui bisogni del bambino con difficoltà nello sviluppo e sulla ferita dei genitori. Eppure nel nucleo familiare sono presenti anche i siblings!

Chi si prende cura di loro e qual è l’impatto della diagnosi sulla vita dei siblings?

In primis è bene considerare che la scoperta di una diagnosi possiede un impatto differente nei genitori e nei siblings. I genitori hanno sin da subito la possibilità di confrontarsi con professionisti e dare voce alle loro paure, preoccupazioni, dubbi. I siblings, nella maggior parte dei casi, restano da soli con le loro domande. Quando i siblings sono piccoli, avvertono la loro impotenza nei confronti del dolore dei genitori e vivono sentimenti ambivalenti tra cui gelosia, ansia, rabbia e senso di colpa. Quando sono grandi provano un forte imbarazzo e smarrimento in quanto non sanno cosa fare per supportare i genitori. Per non gravare sulla situazione familiare, in maniera autonoma, cercano di attribuire un significato agli eventi che si susseguono. Inoltre risentono fortemente del modo in cui la famiglia vive la disabilità e del “gioco familiare” ovvero dell’intreccio di regole, ruoli e comportamenti, non sempre consapevoli, messi in atto dai vari componenti della famiglia per fronteggiare la diagnosi (Valtolina, 2004).

Comunicare e non tacere la disabilità

Tra i “giochi familiari”, a creare particolarmente disagio, è la mancanza di comunicazione della diagnosi. I genitori, nel tentativo di proteggere i siblings dalla sofferenze, cercano di nascondere la verità ottenendo però l’effetto contrario. Infatti le omissioni e le bugie hanno un doppio effetto: alimentano paure e incomprensioni e rischiano di incrinare il legame fraterno.

Ammettere la presenza di un problema e dare un “nome” alla difficoltà che si sta vivendo all’interno della famiglia permette ai siblings di non sentirsi esclusi. È importante per loro sentirsi partecipi di ciò che sta accadendo in modo da poter comprendere alcuni comportamenti del fratello/sorella con disabilità e giustificare le assenze dei genitori (Dondi, 2008).

Quali sono i segnali di disagio manifestati dai siblings?

Ogni bambino ha un modo differente di esprimere e manifestare il malessere vissuto. Nel segnalare le difficoltà incontrate e nel chiedere aiuto alle loro figure di riferimento spesso utilizzano canali impliciti che possono passare inosservati. Con un’adeguata attenzione è possibile cogliere importanti campanelli d’allarme tra cui:

  • La messa in atto di comportamenti provocatori potrebbe celare un bisogno di attenzione e una difficoltà ad attribuire un senso alle emozioni provate;
  • L’eccessiva timidezza, non avere “migliori amici”, non invitare persone a casa, non coltivare hobby o interessi all’esterno del nucleo familiare, potrebbero essere il segno di una chiusura relazionale;
  • Un bisogno di desiderabilità sociale può nascondersi dietro quei comportamenti che vengono definiti eccellenti come ad esempio l’iper-responsabilità, l’iper-adattamento e il perfezionismo;
  • Il malessere interno può essere somatizzato con sintomi fisici quali insonnia, enuresi, mal di pancia, vomito.

Nonostante la presenza di una disabilità, è un grave errore connotare tutte le famiglie e tutti i siblings come infelici e problematici.

È indubbio che la relazione fraterna subisca un condizionamento, ma non è detto che abbia un risvolto necessariamente negativo. La difficoltà predominante appare collegata al riuscire a stabilire una relazione orizzontale paritaria andando dunque a compromettere il ruolo tradizionale dei fratelli: i siblings rivestono nella maggior parte dei casi un ruolo genitoriale (Griffith, Hastings e Petalas, 2014; Walton e Ingersoll, 2015; Laghi e Gradilone, 2018).

Crescere al fianco di un fratello disabile

Non costituisce necessariamente una condizione negativa e patogena: il legame fraterno può attivare risorse “inimmaginabili”. Di fronte alle difficoltà ci sono famiglie che, superato il momento di crisi profonda, riescono a reagire e ad attivare risorse e potenzialità. È il caso delle famiglie resilienti le quali, mettendo in atto comportamenti flessibili e positivi, ristrutturano l’equilibrio interno raggiungendo un nuovo livello di benessere, armonia e coerenza. Le ricerche evidenziano che i fratelli di bambini disabili cresciuti all’interno di un ambiente familiare supportante hanno l’opportunità di diventare più resilienti di altri bambini e sviluppare competenze sociali superiori: è stata osservata una spiccata empatia, sensibilità, altruismo e tolleranza (Rivers e Stoneman, 2008; Walton e Ingersoll, 2015).

Attualmente c’è un alto accordo nel ritenere che non sia la presenza della disabilità a incidere sul benessere dei siblings e sulla qualità del legame fraterno, bensì variabili legate all’ambiente familiare e sociale. Sono fattori protettivi la presenza di dialogo, coesione, rete sociale allargata (Angell, Meadan, Stoner, 2012).

Le sfaccettature del legame fraterno in presenza di disabilità sono molteplici e non possono essere sintetizzate in poche righe. Questo articolo vuole essere uno spunto di riflessione e  dare luce a coloro che all’interno della famiglia, nonostante siano componenti vitali del sistema familiare, rischiano di non essere ascoltati: non dimentichiamoci dei siblings!

“Essere sorella o fratello di una persona con disabilità è un’esperienza determinante per ognuno di noi e certamente è una condizione che ci accompagnerà per tutta la vita. È difficile descrivere, a chi non lo viva, l’importanza e la profondità di questo legame fatto di codici, di silenzi, di vecchi giochi e di nuovi modi di stare insieme” (Gruppo siblings).

Se vuoi offrire a tuo figlio uno spazio personale per esprimere le sue emozioni inerenti al legame fraterno e al clima familiare.